https://it.wikipedia.org/wiki/San_Paolo_di_Civitate
Un pò di storia.
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IL TERRITORIO
“Terra che ha un territorio veracissimo in grano e fave, ed in cui vi ha un’ara il dio degli orti…è circondata di vaghi poggetti coronati di pampinose viti, e di preziosi e tardi ulivi…è ventilato, perché le strade sono larghe, e basse case…San Paolo non era, pochi anni or sono, un ammasso di rozzi pagliai? E dal presente non è il paese delle eleganti abitazioni?” Così P. Michelangelo Manicone, agli inizi del 1800, descrive San Paolo nella sua “Fisica Appula”. E’ sui Monti Liburni, nelle vicinanze di un’antica cappella, che circa 60 famiglie accorsero per ripararsi dalla miseria, dalle carestie e dalla pestilenza che colpivano ormai da tempo l’antico centro di Civitate. Il territorio dei Monti Liburni offriva condizioni ottimali, luoghi più salubri, terreni fertili pronti per essere modellati in rapporto alle nuove necessità. Le caratteristiche proprie di tale ambito geografico hanno contribuito, nel tempo, a determinare un certo uso del territorio in relazione alle esigenze proprie di sopravvivenza, all’imposizione di regole da parte del potere centrale e alle esigenze di una crescita demografica, permettendo all’uomo di modificare il paesaggio e al paesaggio di modificare l’uomo. Insediamento di tipo urbano la cui economia si basava prevalentemente sullo sfruttamento agricolo del terreno, rivitalizzato attraverso la tecnica della rotazione delle colture volta a mantenere o migliorare la fertilità dei suoli e quindi il rendimento. Agli occhi del pellegrino, il paesaggio si presentava caratterizzato da campagne accarezzate da filari di vite, alberi di olivo e mandorle, frutta e ortaggi. La ricchezza locale più grande era costituita dalla raccolta del frumento, testimoniata dalla grande quantità di fosse granarie che caratterizzavano e caratterizzano ancora oggi il centro abitato.
L’origine di San Paolo è ufficialmente segnata con la stipula dell’istrumento tra gli albanesi di Civitate e don Cesare Gonzaga: Il 17 maggio 1573. Il sito era già caratterizzato dalla presenza di una Chiesa (San Paolo) e di un palazzo, come testimoniato dallo storico Fraccacreta: “…cominciato da Gio. Battista Carafa con poche mura, un Palazzo ed un’ecclesia scoperta”. Fu Giovanni Battista Carafa, primo feudatario ad esercitare giurisdizione politica e civile (1568) sul territorio, ad iniziare la costruzione del Palazzo Baronale, terminato da Cesare Caupadia (1568-1570) e che divenne, nel 1570, di proprietà del feudatario Cesare Gonzaga (1570-1575). Oltre al palazzo, sono presenti abitazioni la cui collocazione topografica non rispecchia alcuna politica di pianificazione urbanistica. Case terrinee ad un ambiente unico, scomparte all’interno in relazione alle diverse utilità funzionali, collegate da strade e vicoli tortuosi e per questo indicate come case del Purgatorio. “Li albanesi di San Paulo voleno edificare, murare et habitar detto casale e per prima cosa la comunità, e gli Schiavoni, Greci ed Albanesi, di detta terra e casale di San Paulo e supplicano V.E. si degni di concedere in detta terra e casale (che) si possano costruire taverne, forni e bucciarie(allevamento di bovini e armenti vari) per uso del Casale. Si degni di concederli in demanio intorno detto casale e terra quanto circonda l’ambito di confine, con tenimento di vigne, horti e terreni che possano pascolare e servirsi per il loro bestiame e di detto demanio se ne possa concedere a più cittadini per gli fortilizi ed altri usi.” Così, ci narra Matteo Fraccacreta, gli abitanti di Civitate si rivolsero al nuovo signore, Cesare Gonzaga, per trasferirsi presso il nuovo casale. La richiesta, accolta, fu inviata al vicerè di Napoli nel gennaio del 1570. “ L’emigrazione degli albanesi di Civitate e Torremaggiore in San Paolo pel rescritto di D. Parafan de Ribera, vicerè di Filippo II, e del suo Consiglio collaterale e della R. Camera della Sommaria e dell’informo dell’Uditore di Foggia, eccola nella stipula tra l’Agente del detto Gonzaga e quelli delli Albanesi, rogato il 17 Maggio 1573 in San Paulo dal notar Jannuccio de Barberia di Rocca Mondolfi, domiciliato in Torremaggiore, estratto da uno dei suoi protocolli esistenti presso i germani D. Nicola e D. Giovanni Santelli del fu Giuseppe di San Severo, da una copia del fu Notar Nicola Moffa, loro avo materno, e da un’altra del Notar D. Carlo de Dominicis che leggesi negli atti della causa delle decime tra il vescovo Giovanni Rossi e Fortunato Venditti. L’organizzazione politica, amministrativa ed economica del casale, fu tale da attirare molte altre persone che vennero qui ad abitarvi. Si assiste così ad un allargamento dell’agglomerato urbano, che interessa l’area delle immediate vicinanze del palazzo baronale, alla costruzione della Chiesa di San Nicola e della Chiesa di Santa Maria di Loreto. Il 30 luglio del 1627, un violento terremoto colpì l’intero comprensorio della capitanata provocando danni incommensurabili. Mons. Antonio Lucchino, nel suo racconto: “Del terribile terremoto che addì 30 luglio ruinò la città di San Severo e terre convicine”, narra che il 100% delle case di San Paolo caddero tranne la Chiesa di San Paolo e il Palazzo Baronale. Andrea Gonzaga, feudatario di San Paolo dal 1640, nel 1641 come atto di pietà nei confronti degli abitanti del posto, ricostruì il casale e costruì una nuova Chiesa riutilizzando i locali adibiti a stalle del palazzo baronale: la Chiesa San Giovanni Battista. Nuove dimore signorili arricchirono il sito, quali ad esempio la dimora del Marchese La Greca, insieme ad importanti centri civili, la prima sede dell’Università (Comune) nell’attuale Vico Freddo, e religiosi quale la sede vescovile (via Regina Elena) costruita da Mons. Carlo Felice De Matta nel 1681 (oggi inagibile). I feudatari locali, per motivazioni di carattere politico e amministrativo, giunsero ad accordi con signori dell’Abbruzzo, del Molise e della Campania che si appropriarono di enormi proprietà terriere dando, così, vita ad una nuova borghesia. Il 26 ottobre del 1862, con decreto reale, nel nome del Comune a San Paolo di aggiunge “di Civitate”, sindaco Cav. Alessandro Petricci
I LUOGHI DEL SACRO • CHIESA SAN PAOLO Già documentata nel XIII secolo, la Chiesa fu la prima costruzione del paese. E’ attorno a questo luogo che cominciarono a costruire le loro dimore i profughi di Civitate. Il primitivo sacello venne ampliato e ristrutturato e dedicato a San Paulus Graecorum. I primi riti religiosi furono ufficiati da un sacerdote greco, Demetrio Divers. Importante fu la visita episcopale del Vescovo Germanico Malaspina (1583-1604) il 13 settembre del 1591. Successivamente la Chiesa divenne a doppio culto ed ancora, unico culto, quello cattolico. Primo luogo di sepoltura del villaggio, restò tale fino al 1837. La Chiesa ha ospitato due importanti tavole del XIV secolo: “Il Salvatore” e “La Vergine con il Bambino”. L’altare maggiore fu dichiarato privilegiato perpetuo da parte di Clemente XIV, con bolla del 1772.
• CHIESA SAN NICOLA Fu il terremoto del 1627 a radere al suolo la Chiesa San Nicola, costruita nel XVII secolo. L’iscrizione murata sul portale della Chiesa ci dà notizia della sua ricostruzione iniziata nel 1704 e terminata, dopo una breve sospensione, nel 1709. Essa così dice: “Sacellum cum sodalitio – Deiparae Virgini dicatum – quod diu coeptum nondum adsolveretur – vir pietate praesignis MICHELE MAGNATI – voto pro salute suscepta – quam citissime extruendum curavit – Anno ad Orbe Redemto 1709”. "Chiesa con confraternita – dedicata alla Vergine Maria madre di Dio – Cominciata oggi non verrà meno nel tempo – MICHELE MAGNATI – uomo di illimitata pietà – per voto dell’acquistata salute – curò immediatamente la ricostruzione – Anno della redenzione 1709”
Nel 1641, l’allora barone di San Paolo, Andrea Gonzaga, oltre a finanziare la ricostruzione del casale, colpito dal violento terremoto del 1627, ordinò la costruzione di una nuova chiesa dedicata a San Giovanni Battista. La Chiesa venne costruita adattando i locali della scuderia del palazzo baronale ad esso annessa. Il primo sacerdote della nuova Chiesa fu, nel 1642, don Salvatore Ornato. Molti, nel tempo, i lavori di restauro che interessarono l’edificio religioso. Ricordiamo i lavori di ampliamento e di abbellimento del XVIII secolo; e quelli che interessarono la torre campanaria avviati nel 1849 dall’arciprete don Francesco Venditti e terminati il 21 marso 1872 dal suo successore don Giuliano Pelilli.
Risale al XVII secolo la costruzione della Chiesa dedicata alla Regina del Cielo: Santa Maria di Loreto. La Chiesa venne edificata fuori dal casale, sulla strada verso Serracapriola. la Chiesa si caratterizzava per ornamenti religiosi legati al rito greco con l'eccezione di un altare di rito latino. Distrutta dal terremoto del XVII secolo.
Sul luogo della chiesa Santa Maria del Loreto, distrutta dal terremoto del 1627, venne edificata, nel 1640 per opera di Domenico Andrea Gonzaga, una nuova chieda dedicata a Sant’Antonio di Padova con affianco un convento donato ai frati minori osservanti.
Il Convento dell’Ordine dei frati minori osservanti fu edificato da Andrea Gonzaga nel XVII secolo. Di pianta quadrangolare, il convento si articola al suo interno intorno ad un cortile circondato da portico con al centro una cisterna. Il piano terra si componeva di una cucina, un refettorio, le stalle ed i depositi; il primo piano era diviso in tre dormitori per complessive venti stanze accessibili mediate corridoi che si affacciavano sul cortile interno. Il Fraccacreta ci descrive il convento caratterizzato da un ingresso principale posizionato immediatamente a destra della chiesa S. Antonio di Padova. Un lungo corridoio portava nel giardino grande annesso al convento, oggi villa comunale, e un altro, collegato alla porta di accesso laterale alla Chiesa, fiancheggiava la scala di accesso al piano superiore, il refettorio, una scala segreta, la cucina, e terminava su un altro piccolo giardinetto appartenente al convento dove vie era la stalla. Le pareti e le volte del peristilio, al piano terra, erano finemente dipinte con raffigurazioni dei miracoli di S. Francesco e S. Antonio. I prospetti attuali del convento hanno perduto le tracce precise di codeste aperture, e probabilmente provengono da una ricostruzione ex nuovo che ha ricalcato il perimetro degli antichi muri. Nel 1811 il Convento venne soppresso e nel 1813 vi si insediarono la Municipalità, la Gendarmeria e la Scuola pubblica. Con legge 7 luglio 1866, n. 3036, il Convento venne soppresso e ceduto, dal il Fondo per il Culto, al Comune in data 17 giugno 1867.
Menzionato per la prima volta nel 1570, il Palazzo Baronale fu fatto costruire dal feudatario Giovanni Battista Carafa e completato successivamente da Cesare Gonzaga. Nella relazione del TAVOLARIO Vinaccia si legge: “… che in stanza del suo palagio leggevasi 1640, e dietro in una lapide A.D. 1640, per segno che in quell’anno fu ristaurato da lui. Questo palagio dell’ultimo Principe D. Giulio fu venduto a D. Michelangelo Picucci per doc. 3000. Nel 1720, la torre che delimitava anteriormente a sinistra il palazzo, già in stato precario, venne abbattuta per la realizzazione del campanile della Chiesa. Anche la torre posteriore del palazzo venne abbattuta in tempi recenti in quanto pericolante. Un’unica torre si è conservata, quella che oggi si vede dalla piazza centrale del paese e che delimita il palazzo baronale nella parte destra della sua facciata. Di forma quadrangolare, a tre piani di cui il primo e il terzo voltato a botte, il secondo a voltine, costruita con materiale di reimpiego proveniente dalla vicina Civitate, nel corso del tempo la torre è stata privata del piano merlato e dotata di finestre.
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